Gesù, essendo il personaggio più famoso della storia umana, nei secoli è stato rappresentato in tantissimi modi.
Ma nel magico mondo del web dove viviamo, quello che sembra regnare ormai è il “Gesù stereotipo” belloccio e con una bella fascia porporata (tipo quella dei sindaci ma rossa, a volte blu), più o meno muscoloso, di cui ormai sono pieni i meme o le immaginine pseudocristiane trash in cui fa spesso a botte con il satana cornuto e puntuto (farò un fumetto anche su questo). Le sue radici sono a metà tra l’iconografia cattolica e i vari Gesù che si sono alternati sullo schermo cinematografico negli anni, il tutto mixato per un Gesù che assomiglia sempre più a tutti quei predicatori di cui è pieno PreacherNSneakers, ma in versione “antica”. Bello, pulito, simpatico, Smart, con vestiti costosissimi, adatto al nuovo mondo del “turboevangelismo”.
Per questo mi ha colpito il lavoro di Joan Taylor, storica del King’s College di Londra, che è ha cercato, storicamente e biblicamente, di ricostruire quello che poteva essere il vero aspetto di Gesù, come uomo effettivamente vissuto nella Giudea del I secolo. Il risultato è un Gesù molto meno appariscente, un trentenne in apparenza come altri, che però ha stravolto la storia del mondo. Cosa poteva far arrabbiare di più i farisei e le autorità del tempo, se non il figlio di un falegname di provincia che faceva miracoli e insegnava con autorità?
Se fosse stato bellissimo, con vestiti regali e sempre pulito come appena uscito da un camerino, probabilmente avrebbe affascinato subito tutti e magari sarebbe entrato a Gerusalemme su un cavallo, non su un asino, perché sarebbe stato quello il suo stile. Avrebbe dormito in palazzi a cinque stelle, non dove capitava. Ma Gesù non si preoccupava di stabilire trend social, Gesù è venuto come servitore, come uomo tra gli uomini, non per posizionarsi su un trono, ma su una croce. Satana ha provato a offrirgli la posizione più rilevante sul pianeta Terra, ma Lui guardava a qualcosa di più grande, eterno, che doveva passare per gli abissi più profondi.
Nonostante sia un disegnatore, ho sempre apprezzato la tendenza ad evitare di raffigurare Gesù, non semplicemente per il “rischio idolatria” (ah, le immaginine …) ma perché quando Lo raffiguriamo inevitabilmente qualcosa si perde, mentre ci si mette qualcosa di nostro, della nostra visione personale, culturale e religiosa. Meglio vedere il Gesù ritratto tra le pagine dei Vangeli, quello che spesso non ci fa stare comodi nel nostro autocompiacimento, ma ci mette un po’ a disagio.
Egli è cresciuto davanti a lui come una pianticella, come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci.
Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.
Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti.
(Isaia 53:2, 3, 5)