Ci sono diversi libri che hanno segnato la mia vita, magari un giorno ci farò un post (alcuni di questi sono nella lista che il blog di Svolta ha fatto qualche tempo fa) ma quando pochi giorni fa ho voltato l’ultima pagina di “Non Sono un Fan” è entrato di diritto tra i migliori e mi ha spinto a scrivere questo post e condividere il breve ma intensissimo viaggio che ho vissuto tra i suoi capitoli.
Partenza: il magico mondo dei fan
Il libro parte facendoci capire il mondo in cui siamo immersi, il mondo dei fan. Quello del rumore senza impegno, delle belle dichiarazioni che non sono seguite dai fatti, di una fede urlata e molto meno praticata. E a un certo punto però arriva Gesù, che vuole capire che tipo di relazione abbiamo con Lui, e tante illusioni sulla nostra fede vanno in frantumi, perché si scontrano con la realtà, con quello che significa essere dei veri discepoli.
Non basta dire di conoscere Gesù, perché dobbiamo avere una vera intimità con Lui.
Non basta dire che Gesù è al primo posto, perché Lui non vuole concorrenza.
Non basta dire che seguiamo una certa forma cristiana, perché Lui vuole tutto.
Non basta dire che ci sforziamo ad essere cristiani, perché senza di Lui è impossibile.
Tutto questo lo scopriamo seguendo diversi episodi dei Vangeli in cui Gesù, a differenza dell’immagine politically correct che spesso vediamo, mette dei confini, stabilisce nettamente la differenza tra chi dice di volerlo seguire e chi lo fa sul serio.
Il cammino scomodo di Luca 9:23
La parte centrale del libro seziona parola per parola il versetto che Gesù stesso usa per definire la chiamata di ogni suo discepolo:
Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua
Una chiamata aperta che non esclude nessuno, anche i peggiori, quelli che non si sentono adeguati, quelli che nessuno al mondo chiamerebbe, Gesù li vuole.
Una chiamata entusiasmante che deve appassionarci totalmente, deve essere contraddistinta dall’amore più profondo verso il nostro Salvatore, lo stesso tipo di amore che Lui dimostra per noi!
Una chiamata radicale per cui dobbiamo arrendere ogni aspetto della nostra vita, anche le cose a cui siamo più affezionati, anche le cose che più ci appassionano, devono sottostare alle condizioni di Gesù, senza ripensamenti.
Una chiamata costante che ci chiama a morire ogni giorno a noi stessi, ai nostri modi di pensare, ai nostri progetti, alla nostra famosa “zona di conforto”. Ma si tratta dell’unica morte in cui possiamo trovare la vera vita.
La fine del viaggio?
Il libro si conclude con tre parole d’ordine: dovunque, sempre e comunque.
Essere discepoli significa esserlo dovunque, sia che siamo in missione in un paese straniero, sia che siamo sul nostro posto di lavoro, non esistono zone franche.
Essere discepoli significa esserlo sempre. “Sempre” include questo momento, alla faccia della nostra tendenza a procrastinare. “Sempre” include ogni istante, perché la vita cristiana non è fatta di eventi (campeggi, raduni, culti) che si susseguono, ma di ogni secondo.
Essere discepoli significa esserlo comunque. Non importa cosa potremmo “perdere” qui sulla terra, perché noi puntiamo a qualcosa di glorioso ed eterno. Le struggenti storie di Jim Elliot e William Borden ne sono un esempio lampante.
Queste tre parole definiscono la nostra identità di discepoli. Un’identità che dobbiamo riscoprire e afferrare in tutta la sua grandezza, un’identità che non è un “codice morale” ma l’essenza più profonda che deve permeare la nostra vita cristiana, anche una volta chiuso questo libro. Perché il vero viaggio inizia una volta finita l’ultima riga.
Un libro importante per la nostra generazione
“Non sono un fan” arriva in Italia con un “ritardo” di 8 anni dopo aver venduto oltre un milione di copie negli States. Ma non poteva arrivare in un periodo migliore, perché nel mondo cristiano e nella società del nostro paese si stanno delineando con grande forza le dinamiche descritte in questo libro. E la differenza tra essere Fan o Discepoli deve essere rimarcata ancora di più.
Lo stile e il linguaggio è adatto davvero a tutti: passaggi ironici e autentici si alternano a quelli più seri e stimolanti, rendendo la lettura di oltre 200 pagine scorrevole oltre ogni aspettativa. Il pastore Idleman lancia la sfida a tutti, compreso lui stesso, non nascondendo i suoi personali difetti e le sue esperienze negative: notevole la sua descrizione dell’utilizzo del marketing mentre stava fondando una chiesa a Los Angeles, perché svela il “dietro le quinte” del principale trend di “missione” che esiste oggi in occidente.
Questo libro è vero, e la nostra generazione ha bisogno di libri veri (come Radical, Seguimi, il Dio Indomabile, l’Uomo di Dio, l’Impegno per l’Altissimo, e tanti altri). Soltanto vivendo un cristianesimo vero potremo fare la differenza e arrivare fino in fondo al nostro viaggio.
Voglio terminare questa “recensione” come le toccanti testimonianze alla fine di ogni capitolo, una frase che è una speranza e una preghiera, oltre che una sfida.
Mi chiamo Andrea, e non sono un fan.