Nel mondo ci sono tante “bandiere” … una per ogni occasione.
Basta dare un’occhiata sui social (e non solo) per vedere come ci si scanna per squadre di calcio, scuderie di Formula 1, partiti e movimenti politici, marche di auto, personaggi di serie tv, concorrenti di talent e reality show … la lista delle bandiere, delle bandierine e delle banderuole potrebbe continuare all’infinito.
Triste vedere come anche noi credenti spesso scivoliamo in questi confronti, creando nuove “bandiere” pescando a mani basse dal nuovo “star system” del mondo evangelico. D’altronde, succedeva anche nella chiesa di Corinto 2000 anni fa, con quelli che sbraitavano “Io sono di Paolo!”; “io, di Apollo!”; “io, di Cefa!”.
Facciamo un salto indietro di altri 1500 anni. Mosè aveva iniziato un lungo viaggio, il suo popolo avrebbe rischiato più volte la sopravvivenza tra nemici crudeli, dissidi interni e compromessi (copiando gli idoli dei popoli vicini). Alla prima vittoria volle subito mettere le cose in chiaro, costruendo un altare a futura memoria chiamandolo: “Il Signore è la mia bandiera” (Esodo 17:5).
Questa sarebbe stata la condizione necessaria di ogni vittoria futura, e lo è anche per noi.
Finché sarà Dio a sventolare come nostra bandiera, saremo salvi. Se saranno altre bandiere, rischieremo grosso.