Vite Cristiane: Pandita Ramabai

biografie, vignette

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Anche la vita di Pandita Ramabai è un meraviglioso mosaico difficile da descrivere in un singolo post. Fu una donna davvero straordinaria: riformatrice, educatrice ed evangelista.

Nacque nel 1858 in un’India governata dai britannici, dominata dal sistema delle caste indù che poneva tutti in rigidi livelli sociali e trattava le donne come inferiori agli uomini. Suo padre era un sacerdote indù di casta elevata che, sfidando la tradizione, insegnò a Pandita e a sua madre a leggere il sanscrito, la lingua sacra delle scritture indù.

Durante la carestia del 1876-78 Ramabai, all’età di 16 anni, perse entrambi i genitori e una sorella. Senza un soldo, viaggiò con suo fratello per l’India, recitando pubblicamente le scritture indù. Era dotata di una memoria sorprendente e fu invitata a parlare davanti ai santi – i “pundit” – a Calcutta. Erano così stupiti dalla sua conoscenza dei testi sacri che le fu conferito il titolo di pandita – ‘la dotta’.

Mostrando l’indipendenza che sarebbe stata una caratteristica della sua vita, Pandita infranse le regole culturali sposando un uomo di una casta diversa. Purtroppo, suo marito morì presto, lasciandola vedova con una figlia all’età di 23 anni. Nella credenza indù, la perdita del marito era considerata una punizione per la moglie per qualcosa di male fatto nel presente o in una vita passata, con il risultato che le vedove erano condannate a vivere nell’esclusione e nella povertà. Pandita, ormai orfana, vedova e madre single, si trovò nella peggiore delle situazioni.

Rifiutando con fermezza qualsiasi esclusione, Pandita iniziò a creare un’associazione che avrebbe promosso i diritti delle donne – tra cui l’istruzione, le donne medico e la fine del matrimonio infantile. Divenne presto una figura influente e testimoniò in un’inchiesta condotta dalle autorità britanniche. Nel frattempo Pandita conobbe il cristianesimo e, imbattendosi in una copia del vangelo di Luca, si trovò colpita da come Gesù trattava le donne nell’episodio della donna samaritana.

Nel 1883 Pandita andò in Gran Bretagna con sua figlia nella speranza di diventare un medico, un’impresa che fallì a causa della sua sordità che avanzava. Rimase con una comunità femminile anglicana dove rimase impressionata dalla loro cura per le prostitute e i senzatetto. Decise di diventare cristiana e fu battezzata. Fu una conversione di alto profilo che fu considerata un tradimento in India.

Pandita, appassionata di riforme, viaggiò negli Stati Uniti. Lì scrisse un libro che era molto critico sul modo in cui le donne erano trattate in India: The High Caste Hindu Woman. Sviluppò una stretta amicizia con molte attiviste cristiane americane e ottenne il sostegno di una vasta gamma di chiese e organizzazioni. Pandita tornò in India nel 1888 dove si impegnò immediatamente nel lavoro sociale.

Usando i proventi del suo libro e delle sue conferenze, raccolse fondi per aprire il centro Sharada Sadan (Casa dell’Apprendimento) nel 1889, offrendo alle ragazze un rifugio dove potevano studiare e imparare abilità come il giardinaggio, la falegnameria e il cucito. Il rifugio crebbe fino ad accogliere più di 700 donne.

La vita di Pandita fu trasformata radicalmente nel 1891 quando lesse il libro Dalla morte alla vita in cui William Haslam raccontava la sua drammatica conversione da un cristianesimo formale morto a una fede viva. Attraverso questa testimonianza molto onesta Ramabai arrivò a vedere la distinzione tra la religione formale (sia indù che cristiana) e la relazione personale di fede tra una devota e il suo guru. Pandita scrisse:

Una cosa sapevo ormai, che avevo bisogno di Cristo e non solo della sua religione. Alla fine ero arrivata alla fine di me stessa, e mi ero arresa incondizionatamente al Salvatore.

Da questo momento in poi la vita di Pandita ebbe una nuova forza e gioia e anche se rimase fortemente coinvolta nel lavoro sociale, ora era un’evangelista, predicando a tutti un messaggio che si concentrava su Cristo, lo Spirito Santo e la preghiera.

Ramabai aprì Mukti (Salvezza), un centro cristiano dove accogliere vedove, bambine abbandonate o che scappavano da matrimoni combinati con uomini molto più grandi, orfane, disabili, donne abusate ed emarginate. A Mukti le ospiti potevano trovare ascolto e accoglienza, imparavano a leggere, scrivere e lavorare rimanendo al sicuro, studiando la Bibbia e scoprendo la figura e il messaggio di Gesù, senza però mai essere sottoposte a “conversioni forzate”. Il centro crebbe rapidamente e nel 1900 aveva 1.500 ospiti. Mukti è attivo ancora oggi.

Oltre ad ospitare tante donne, aveva un asilo per bambini piccoli, scuole, un ospedale, un rifugio per “donne cadute”, 64 telai per la tessitura di tessuti, cinque macchine da stampa, sartoria e artigianato, un mulino, un frantoio, una lavanderia, una fattoria, frutteti e pozzi. Ramabai riuscì a creare questo stabilimento e gestirlo con l’aiuto di un efficiente staff amministrativo.

Durante le carestie del 1896-97 nel Madhya Pradesh e del 1900-01 nel Gujarat, Ramabai fu determinante nel portare aiuto a oltre 2000 donne e ragazze, che furono salvate da morte certa. Come successo spesso a George Muller (che fu uno dei modelli di Ramabai), l’opera di Mukti andava avanti grazie alla generosità di credenti di ogni parte del mondo e attraverso le miracolose risposte alle preghiere di Pandita e delle sue collaboratrici, anche soltanto per avere abbastanza acqua nel pozzo.

Ispirata dalle notizie del risveglio gallese del 1904 Pandita incoraggiò la preghiera per il risveglio in India, e nel 1905 ci furono incontri straordinari a Mukti, profonde conversioni e grandi momenti di adorazione, in cui le ragazze cominciavano a parlare in altre lingue. Questo risveglio, meno conosciuto, si diffuse in tutta l’India, proprio mentre negli Stati Uniti stava “esplodendo” il risveglio pentecostale.

Ramabai non ha mai ostentato quello che succedeva a Mukti, ed era costantemente preoccupata di estirpare il falso dal vero. “Quando una ragazza comincia a cercare di parlare in un’altra lingua, apparentemente imitando le sue sorelle, vado da lei e le parlo o la tocco sulla spalla, e lei smette subito. Invece, se una ragazza sta pregando davvero nello Spirito non posso fermarla, per quanto acutamente le parli o la scuota”.

Pandita era giunta alla conclusione che la chiave per la trasformazione dell’India erano le donne cristiane che andavano di villaggio in villaggio a condividere la loro testimonianza e il messaggio di Gesù con le loro compaesane. Dato che era anche una straordinaria linguista (parlava correntemente sette lingue, tra cui il greco e l’ebraico) negli ultimi due decenni della sua vita lavorò per creare una nuova e più accessibile traduzione della Bibbia nella sua lingua Marathi.

Completò la revisione delle bozze finali solo poche ore prima di morire il 5 aprile del 1922. Sua figlia Manorama era morta pochi mesi prima, e Ramabai sapeva che la sua missione era completa. Mukti era solidamente stabilita e sarebbe stata gestita da coloro che lei conosceva e di cui si fidava. Non volle neanche che la missione Mukti portasse il suo nome. La sua reale soddisfazione era che la Bibbia Marathi sarebbe stata stampata sulle presse di Mukti e che le ex “ragazze di Mukti” avrebbero portato il messaggio di libertà in Cristo in ogni parte del Maharashtra.

Ci sono almeno tre aspetti della vita di Pandita sono una sfida per tutti noi.

La dedizione della sua fede. Per la sua critica al sistema delle caste fortemente maschilista e per la sua conversione al cristianesimo Pandita fu costantemente ostacolata dalla società indiana e ampiamente ignorata dalla sua storiografia ufficiale, rimanendo molto poco conosciuta, perfino in India. Ma questa emarginazione non è mai stata un problema per lei, perché “una vita totalmente dedicata a Dio non ha niente da temere, niente da perdere e niente da rimpiangere”. 

Il progresso della sua fede. Ramabai inizia come una promettente attivista sociale che aderisce al cristianesimo e viene battezzata ma che, alcuni anni dopo, giunge a una fede più profonda, autentica e gioiosa, potenziata e rafforzata dallo Spirito Santo. Per molti, anche nati e cresciuti in famiglie cristiane e con ottimi propositi, è facile rimanere bloccati nella vita cristiana e abbiamo bisogno di progredire da dove ci troviamo, realizzare una fede viva e dinamica.

La passione della fede di Pandita. Ramabai ha sempre avuto un’enorme passione per cambiare le cose in meglio. Dalla sua prima ‘accettazione mentale’ di Gesù e la sua successiva ‘resa di cuore’, quello zelo è cresciuto, si è approfondito ed è diventato più mirato. Di lei fu detto: “Non ha che un ideale:  riflettere il Signore Gesù Cristo. Pandita Ramabai irradia il Signore Gesù”.

Abbiamo bisogno di altre donne e altri uomini come lei!

 

 


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Le fonti di questo post sono state Christianity Today, il sito panditaramabai.org gestito dalla Missione Mukti, il New York Times, Keep the Faith Magazine e la sua stessa biografia.

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